Nell'ambiente museale i visitatori possono osservare, oltre al calco del busto argenteo di San Bruno, il tronetto processionale settecentesco (nel dialetto calabrese varia) realizzato nel 1797 dall'artista napoletano Luca Baccaro.
I quattro lati della varia sono rivestiti di lamine d'argento lavorate a sbalzo con motivi fitomorfi, Al centro di ogni lato vi è un medaglione d'argento incorniciato con rami di palma di bronzo.
Il lato A raffigura una scena con i monaci certosini risparmiati dal terremoto del 1783.
Nel lato B si vedono i monaci che ringraziano Dio per lo scampato pericolo.
Nel lato C è riprodotto lo stemma della famiglia Taccone di Sitizano, donatrice della varia, e nel lato D lo stemma della Certosa.
L'originale del busto reliquiario, risalente al 1516, è conservato nella chiesa conventuale della Certosa.
Punto di partenza essenziale per trattare i problemi iconografici riguardanti la figura di San Bruno è senza dubbio la letteratura agiografica. La prima opera conosciuta fu redatta intorno alla metà del XII secolo ed è denominata cronaca "Magister" per il suo "incipit". E' generalmente ritenuta opera di Guigo I e racconta le vite dei priori della Grande Chartreuse. Nel 1250 venne scritta, invece, la cronaca "Laudemus"che costituì, poi, la base per la cosiddetta "Vita antiquior" compilata intorno al 1300 e inserita dal bollandista Cornelius de Bye negli Acta Sanctorum del 1770, per passare, poi, nella Patrologia Latina. Successivamente, nel 1298 un anonimo certosino di Meyriat scrisse "Quomodo Ordo Cartusiensis sumpsit exordium", un breve opuscolo che ricalca le linee della cronaca "Laudemus" seguito, un secolo dopo, da Heinrich Egher Von Kalkar, priore della certosa di Colonia, con il suo "Ortus et decursus Ordinis cartusiensis" che ebbe una larga diffusione e conseguenzialmente molta influenza sulle altre Vite.
Nel XVI secolo molte opere ebbero peso sullo sviluppo dell’iconografia bruniana: nel 1508 don Zaccaria Ferreri raccolse in un poemetto gli episodi più salienti, molti dei quali leggendari, del percorso spirituale di San Bruno e, nel 1515, Francois du Puy, priore della Grande Chartreuse, scrisse un testo fondamentale, successivamente pubblicato nella Patrologia Latina sotto il nome di "Vita altera". Nel 1530 Pietro Blomevenna da Leida, priore della certosa di Colonia, compilò un'ulteriore contributo agiografico e nel 1574 Lorenzo Surio pubblicò i suoi scritti nella collezione "Flos Sanctorum" che fu riprodotta sotto il nome di "Vita tertia" nella Patrologia Latina. Gli studi successivi sono tutti tributari di quelli di du Puy, Blomevenna e Surio, mentre, quelli precedenti la canonizzazione sono da considerarsi storie delle origini dell'Ordine certosino e non veri e propri racconti agiografici.
La produzione artistico-iconografica nacque ufficialmente intorno al 1514, data dell’autorizzazione del culto di San Bruno, da parte di Leone X, “vivae vocis oraculo”. Tuttavia anche nel Medioevo i certosini sentirono il bisogno di celebrare la nascita del loro Ordine e, benché l'iconografia bruniana sia priva dell'eredità figurativa di quest'epoca, alcune sporadiche raffigurazioni all'interno delle certose testimoniano la sopravvivenza della memoria degli episodi legati alla vita del loro Fondatore. Pur non essendoci, quindi, una radicata tradizione medioevale, si ebbe sicuramente, intorno al 1353, uno dei primi sviluppi con gli affreschi eseguiti per il chiostro della certosa di Parigi, oggi, purtroppo, perduti e successivamente, nel corso del XV secolo, nei cicli di Basilea e Colonia. Un dato interessante, che deve essere tenuto presente nello studio delle manifestazioni artistiche legate a San Bruno, riguarda la loro committenza. Il Leoncini, infatti, in un suo contributo dice testualmente: "Deve però essere tenuto presente un dato di estrema importanza: essa non divenne mai un'iconografia a carattere popolare, e le rappresentazioni di questo Santo non ebbero mai un'ampia diffusione, ma rimasero sostanzialmente legate agli ambienti certosini, anch'essi fermamente determinati dalla stretta clausura delle certose. Se oggi troviamo quadri con San Bruno, o statue di lui, in vari musei o in chiese diverse da quelle certosine, possiamo tener quasi per certo che provengono comunque da una qualche certosa".
L'opera più importante e più antica arrivata fino a noi é un ciclo di miniature contenuto nel codice conosciuto come "Les belles heures du duc Jean de Berry ", eseguito nei primi anni del XV secolo dai fratelli Pol, Hermant e Jeannequin de Limbourg e conservato a New York, nel Museo dei Cloisters.
Eseguito per illustrare l'Ufficio dei morti, ci presenta la figura di San Bruno illuminata da Dio che abbraccia la vita monastica insieme ai sei compagni in seguito ai funerali di Raimond Diocres. Il breve ciclo iconografico comprende otto scene: la prima rappresenta il teologo di Parigi attorniato dai discepoli, intento all'insegnamento, la seconda i suoi funerali, durante i quali il suo cadavere avrebbe esclamato, durante i tre giorni che precedettero la sepoltura: "Sono accusato al giusto giudizio di Dio", "Sono giudicato al giusto giudizio di Dio", "Sono condannato al giusto giudizio di Dio".
La terza miniatura rappresenta la sua sepoltura. La scena successiva raffigura San Bruno che, turbato dagli avvenimenti parigini, raccoglie i compagni e parte per il sud della Francia, dove, il vescovo Ugo di Grenoble, nella quinta miniatura, sogna l'arrivo dei sette religiosi sotto forma di stelle.
L’altra scena, che ha come tema l'incontro tra i due Santi, simboleggia l'avverarsi del presagio onirico del vescovo grazianopolitano, mentre, successivamente, i certosini prendono possesso del nuovo monastero, raffigurato come un vasto complesso architettonico comprendente la chiesa e le celle dei monaci disposte intorno al chiostro. L'episodio leggendario riguardante Raimond Diocres, oggi contestato dagli studiosi, fu inserito, alla fine del XIII secolo, da un certosino di Meyriat nella stesura della cronaca "Laudemus", uno dei più antichi racconti agiografici pervenutoci e successivamente ripreso dalla "Vita antiquior" del 1300 circa, che fa parte della cronaca dei primi cinque priori della Gran Certosa, e dall'opera di Heinrich Egher von Kalkar "Ortus et decursus Ordinis Cartusiensis" del 1398. Le forti tinte di questo racconto che tendeva a impressionare e a dare una connotazione divina, di tipo miracolistico, alla scelta monastica di San Bruno, condizionarono tutta l'iconografia successiva.
Nel 1510 le nove scenette di Urs Graf, poste all'inizio della prima parte degli "Statuta Ordinis Cartusiensis a domino Guigone priore cartusiae edita" e le xilografie del 1524, tratte dalla " Vita Sancti Brunonis" di Francois du Puy, riproposero l'episodio dell'anastasi di Raimond Diocres, che ormai era divenuto una pietra miliare nei cicli celebrativi dell'Ordine certosino e successivamente nei cicli iconografici del Fondatore, di cui furono ottimi interpreti Bernardino Poccetti nel 1591 per la certosa di Firenze e Daniele Crespi nel 1629 per la certosa di Garegnano. Notevoli sono anche le incisioni di Giovanni Lanfranco e Teodoro Kruger e di Eustache Lesueur e Francois Chauveau, pubblicate rispettivamente nel 1620 e nel 1680.
Molte opere, dalle miniature di Pol, Hermant e Jannequin de Limbourg alle xilografie del 1524 che illustrano la "Vita Sancti Brunonis" di Francois du Puy, ai cicli iconografici di Lanfranco e Kruger e di Lesueur e Chauveau, raffigurano San Bruno che esorta i discepoli. La scena deriva dal presunto discorso di commiato da lui pronunciato nella Cattedrale di Reims prima di partire per il deserto di Certosa, in cui commentò il Salmo LIV, 8 "Ecce elongavi fugiens et mansi in solitudine" provocando profonda impressione. L'episodio fu inserito nel poemetto in esametri latini del certosino di Vicenza dom Zaccaria Ferreri, che riveste una importanza fondamentale nell'iconografia di San Bruno.
Infatti malgrado la sua “Vita” sia ammantata di leggenda, da essa dipendono la maggior parte dei cicli successivi alla sua pubblicazione, avvenuta nel 1508. Molti episodi, infatti, rivestono un carattere miracolistico che colpisce immediatamente l'immaginazione e tende a rimanere impresso nella memoria. Per questo motivo, forse, fu adottato da molti artisti.
Un altro importante passo della vita del Santo riguarda l'apparizione onirica, nella chiesa di Molesme, di tre angeli che assicurarono l'approvazione divina alla sua opera. Riportato sia nelle incisioni firmate da Lanfranco e Kruger sia in quelle di Lesueur e Chauveau, l'episodio deriva dai versi del poemetto del Ferreri.
E ancora, le miniature di Pol, Hermant e Jeannequin de Limbourg, le xilografie di Urs Graf del 1510 e le incisioni di Lanfranco e Kruger del 1620 mettono l'accento su un episodio leggendario, desunto dall'opera di Heinrich Egher von Kalkar, ritenuto fondamentale nel cammino che portò San Bruno alla fondazione della prima certosa, l'incontro con un Eremita.
Tuttavia i passi più famosi e più rappresentati dagli artisti riguardano il sogno di Sant'Ugo vescovo di Grenoble, che vide le sette stelle sul deserto di Chartreuse prevedendo l'arrivo di San Bruno e dei sei compagni, e l'incontro tra i due. Tutti i cicli iconografici riportano questi momenti, dal più antico costituito dalle miniature dei fratelli de Limbourg, a quello di Daniele Crespi affrescato nel chiostro della certosa di Garegnano nel 1629, ai più moderni. Gli episodi, da cui deriva anche il simbolo dei certosini, costituito da sette stelle intorno al mondo sovrastato dalla Croce, pare che fosse stato udito dalla voce di Sant'Ugo da Guigo, autore certosino che narrò la vita del Vescovo nel 1134 e costituisce, quindi, un momento importante per il racconto della nascita dell'Ordine bruniano.
La vestizione monastica è, invece, il momento chiave di ogni percorso spirituale. In un affresco quattrocentesco attribuito al cosiddetto "Maestro di San Bruno" sono raffigurati San Bruno e i sei compagni che ricevono l'abito monastico dalle mani di Sant'Ugo di Grenoble e nella parte destra Sant'Ugo di Lincoln riceve l'abito monastico dalle mani di San Bruno con un'evidente anacronismo, in quanto Sant'Ugo di Lincoln nacque nel 1140 e morì nel 1200. L'episodio della vestizione ritorna nelle incisioni di Lanfranco e Kruger e in quelle di Lesueur e Chauveau.
L’altro momento decisivo riguarda l'arrivo del messo di Urbano II al deserto di Chartreuse per la convocazione di San Bruno a Roma. L'avvenimento é presente nel panorama iconografico, a causa del poemetto del Ferreri, ma le xilografie che illustrano la "Vita Sancti Brunonis" del du Puy, e, le incisioni di Lesueur e Chauveau, testimoniano la sopravvivenza di questo tema nel tempo, fino poi ad arrivare all'incisione acquarellata di Filippo Bigioli che nel 1847 illustrò "Il perfetto leggendario", un'opera enciclopedica sulle vite dei Santi.
Il successivo incontro avvenuto a Roma con Urbano II, interpretato dalle incisioni di Lanfranco e Kruger nel 1620, venne poi ripreso da Francisco Zurbaran in un quadro oggi conservato presso il Museo Provinciale di Siviglia e proveniente dalla certosa di Triana, dipinto intorno al terzo decennio del XVII secolo. Subito dopo l'annuncio della partenza di San Bruno per Roma i monaci di Chartreuse, sconfortati per la perdita della loro guida spirituale, avevano deciso di lasciare il deserto. Ma un avvenimento miracoloso li fece desistere dal compiere questo passo: l'apparizione della Vergine e di San Pietro. Questo miracolo riportato nel ciclo del Lanfranco e del Kruger fu ripreso dal pittore napoletano Massimo Stanzione nel 1623 in un dipinto realizzato per la certosa di San Martino e da Giovanni Odazzi, nei primi anni del XVIII secolo in una pala d'altare per la Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma.
I momenti successivi, nei cicli iconografici riguardanti San Bruno, si riferiscono alla sua permanenza in Calabria.
Il rifiuto dell'arcivescovado di Reggio ha fatto nascere un attributo fondamentale: il pastorale e la mitria deposti a terra si ritrovano in tutte le raffigurazioni simboliche e devozionali legate alla sua vita. Nelle immagini realizzate in Europa, dove gli accadimenti propri dell'Italia meridionale non ebbero eco, lo stesso attributo può essere riferito al precedente rifiuto dell'arcivescovado di Reims.
Il rapporto di San Bruno con i principi normanni e l'attività diplomatica, svolta all'interno della Santa Sede per rafforzare i legami e le alleanze, contribuirono a far nascere l'episodio leggendario dell'incontro con il gran conte Ruggero nelle selve serresi e il poemetto del Ferreri contribuì a diffonderlo. Ruggero avrebbe sorpreso durante una battuta di caccia il Santo in preghiera e colpito da questa visione si sarebbe inginocchiato. Sembra tuttavia che l'incontro sia avvenuto diversamente e in tutt'altro luogo, probabilmente alla presenza di Urbano II dopo la fuga dalla corte papale da Roma. In Calabria, probabilmente a causa di una leggenda locale, si vuole che sia avvenuto mentre San Bruno, per penitenza, pregava immerso nelle acque gelate di un laghetto che si trovava di fronte all'eremo della "Torre".
I cani del conte lo avrebbero trovato in preghiera e avrebbero piegato le zampe anteriori in segno di riverenza davanti a lui.
Infatti, a Serra, durante il priorato di Tommaso Cantina da Firenze (1644) fu data una sistemazione architettonica al piccolo bacino idrico oggi chiamato "il laghetto" e vi fu collocata dentro una statua di San Bruno inginocchiato e con le mani giunte, forse scolpita da un maestro locale. Sappiamo, però, che la leggenda dell'incontro con il conte Ruggero preesisteva al 1645. La tradizione fortemente radicata in Calabria dipende forse da un antichissimo racconto, la cui origine non è stato possibile reperire, ma che, tuttavia, deve essere considerato come fondamentale per la ricostruzione completa dell'iconografia bruniana malgrado la sua diffusione, per quanto risulta, sia solo serrese. Prima del terremoto del 1783 si trovavano ai bordi del "laghetto" due cani di steatite, "inginocchiati", con due grossi collari molto lavorati, ornati da puntali di pietra. Oggi i cani si trovano a Capistrano in una proprietà privata. Tutto lascia presumere, e il condizionale è d’obbligo poiché le cronache dei viaggiatori settecenteschi non ne parlano, che accanto ai cani ci fosse anche la statua del conte Ruggero, di cui non é rimasta traccia.
Quella calabrese é una variante iconografica dell'incontro tra il Santo e il conte normanno, che si ritrova, secondo i canoni dell'iconografia tradizionale, nelle xilografie del 1524 che illustrano la vita scritta dal du Puy, e nelle incisioni di Lanfranco e Kruger che descrive la battuta di caccia inserendo un personaggio che suona il corno, un piccolo cane davanti a San Bruno in atteggiamento riverente e Ruggero inginocchiato e con la mano sinstra sul petto. Anche Daniele Crespi in uno degli affreschi eseguiti per la certosa di Garegnano si attenne all'iconografia tradizionale raffigurando l'arrivo del conte con i suoi cani e il suo seguito. Nell'incisione di Lesueur e Chaveau si nota una leggera variante rispetto alle altre raffigurazioni. San Bruno viene distolto dalla preghiera dall'arrivo del conte Ruggero che si inginocchia e congiunge le mani.
Anche uno dei cani é raffigurato "inginocchiato" davanti a lui.
Un altro episodio legato alla permanenza di San Bruno nell’Italia meridionale riguarda il fallimento della congiura di Capua. Il conte, tradito dal greco Sergio, venne svegliato da San Bruno mentre dormiva nel suo attendamento. L'episodio, raffigurato da Bernardino Poccetti tra il 1591 e il 1593 negli affreschi per la certosa di Firenze, rappresenta San Bruno in atto di svegliare il normanno penetrando nella tenda, mentre nello scannello di una delle statue conservate nella chiesa Matrice di Serra, scolpito minutamente a bassorilievo dal tedesco David Muller nel 1611, San Bruno appare davanti a Ruggero addormentato asciugandosi le lacrime con un fazzoletto tenuto nella mano sinistra e benedicendo con la destra. Le lacrime si riferiscono al "Gran Privilegio" in cui il conte Ruggero racconta l'apparizione avvenuta nella sua tenda di "un vecchio d'aspetto venerando, con le vesti lacerate e in lacrime che gli cadevano giù dirottamente".
L'artista tedesco, infatti, rappresentò San Bruno, anche a tutto tondo e a grandezza naturale, in età avanzata nell'atto di tenere un libro con entrambe le mani, mentre nello scannello scolpì a bassorilievo una grande scena che comprende a destra l'apparizione e a sinistra la battaglia davanti alle mura di Capua.
L'esecuzione é così minuta e nel contempo perfetta da stupire per la grande abilità descrittiva dell'artista, notevole rappresentante del tardo rinascimento tedesco.
Il momento della morte, invece, raffigurato nelle xilografie del 1524 che illustrano la vita del du Puy, viene descritto secondo il racconto dello scrittore certosino con i confratelli raccolti al capezzale del Santo.
Bernardino Poccetti nel 1591-1593 affrescò per la certosa di Firenze una composizione molto vasta che nella parte centrale, al di sopra del cataletto su cui è deposto il corpo del Santo, mostra l'anima che sale al cielo portata dagli Angeli e in alto, in uno squarcio di nuvole, la figura del Cristo.
Tutt’intorno monaci ed altri personaggi in preghiera ne onorano le spoglie. Nell'incisione di Lanfranco e Kruger e di Lesueur e Chauveau, invece, San Bruno, sul letto di morte, riceve l'estrema unzione dai confratelli in lacrime, mentre nel paliotto di bronzo dorato della certosa calabrese, eseguito negli ultimi anni del secolo scorso dallo scultore francese Poussielgue Rusand, San Bruno è disteso sul letto con le mani giunte attorniato dai compagni. Nel paliotto marmoreo della certosa di Farneta, scolpito dal serrese Giovanni Scrivo nel 1905, San Bruno riceve l'estrema unzione dall'intera comunità certosina sollevandosi sul letto di morte.
Un altro tema iconografico ricorrente é l’apoteosi: venne rappresentata nelle incisioni di Lanfranco e Kruger e di Lesueur e Chauveau con la figura del Santo portato in cielo da cherubini, mentre, nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli, sulla volta della cappella dell'Epifania, il pittore Luigi Garzi, nei primi anni del XVIII secolo, lo dipinse inginocchiato su una nuvola sollevata dagli Angeli sorreggenti gli attributi iconografici più consueti, il libro, il pastorale e la mitra e portato verso l'alto della composizione dove viene accolto dal Cristo e dalla Vergine.
Un tema molto caro alla devozione popolare e agli artisti che hanno contribuito ad arricchirne l'iconografia riguarda l'apparizione della Vergine nel deserto della Torre. La tela dipinta da Simon Vouet nel 1620 per la certosa napoletana di San Martino offre, nel solco della più autentica tradizione seicentesca, una bellissima scena con forti contrasti di luci e di ombre: San Bruno che riceve un libro dal Bambino tra le braccia della Madre. Per la certosa di Ferrara, invece, Giovan Francesco Barbieri detto "il Guercino" dipinse nel 1620 San Bruno inginocchiato davanti al trono su cui è seduta la Madonna con il Bambino tra le braccia, in atto di baciargli la mano. Lo stesso tema venne riproposto da Jusepe de Ribera detto "lo spagnoletto" nel 1634 in un quadro conservato nel Kunstammlungen di Weimar, da Paolo De Matteis nel 1721 in una pala d'altare firmata e datata dipinta per la certosa di Serra ed oggi conservata nella locale chiesa dell'Addolorata.
Nel 1647 "il Guercino" ripropose il tema dell'apparizione di Maria a San Bruno per la certosa di Bologna e nel 1650 Bartolomeo Flemalle arricchì l'iconografia bruniana di un quadro conservato a Liegi raffigurante il Certosino in estasi, con le mani giunte, volto verso un'apparizione sovrannaturale. Philippe de Champaigne lo dipinse, invece, con i sei compagni genuflessi davanti alla visione mistica della Vergine, del Cristo e del Battista, protettore dell'Ordine.
Un altro problema iconografico non ancora risolto riguarda la presenza, accanto ai consueti attributi, di una fontana. La troviamo, ad esempio, in un quadro di Simon Marmion realizzato durante l'ottavo decennio del XV secolo: potrebbe riferirsi all'identificazione di San Bruno con "il fonte da cui scaturisce l'Ordine di certosa", e questa sembra, infatti, l'interpretazione più attendibile.
A Serra il Certosino è chiamato il Santo dell'acqua, probabilmente a causa degli stretti legami con questo elemento naturale nel corso della sua vita. Il primo rapporto con essa può essere riferito al miracolo della fonte sgorgata a Chartreuse in seguito alle sue preghiere.
A dimostrazione dell'incidenza nella fantasia degli artisti calabresi della fonte sgorgata presso l’eremo della Torre bisogna notare, nel quadro conservato nella chiesa dell'Assunta di Serra e nella sua riproduzione ottocentesca per la chiesa di Santa Maria del Bosco, che in basso a sinistra è stata dipinta l'acqua corrente e dietro la figura del Santo si nota un ruscello. Le fonti di Chartreuse e della Torre furono fondamentali per lo stanziamento delle comunità monastiche, che senza di esse non avrebbero potuto vivere. Un'ulteriore conferma al legame del Santo con l'acqua può essere ricercato nella leggenda che vuole che dal suo sepolcro scaturisse un liquido miracoloso che guariva gli infermi. Anche questo episodio fu riprodotto in una incisione di Lanfranco e Kruger nel 1620 . Certamente la presenza della fontana in molti quadri eseguiti in Francia o in Germania, principalmente in ambiente coloniese, dove gli episodi legati alla vita del Santo in Calabria non avevano eco, sono forse legati ad un altro motivo ancora da scoprire.
Dentro due nicchie laterali della facciata della chiesa conventuale cinquecentesca erano originariamente collocate due sculture, risalenti ai primi decenni del XVII secolo e realizzate in pietra bianca, raffiguranti San Bruno e Santo Stefano ai quali è intitolata la Certosa calabrese.
Nell'immagine si possono notare alcuni attributi iconografici consueti dell'iconografia di Santo Stefano: la tunicella diaconale, le pietre del martirio adagiate sopra il libro, le palme incrociate alla base della scultura.
Altre significative opere raffiguranti Santo Stefano sono state realizzate nel corso del tempo per la Certosa di Serra San Bruno:
una tela di Bernardino Poccetti con la scena della lapidazione del santo e una scultura in marmo bianco si conservano oggi nella chiesa Matrice di Serra; una statuetta bronzea appartenente al ciborio di Cosimo Fanzago è custodita nel Museo del Valentianum di Vibo Valentia;
una tela del pittore calabrese Andrea Cefaly si trova all'interno della Certosa.
Lo scultore serrese Giovanni Scrivo (1868-1933) realizzò nel 1908 per la Certosa di Calci (Pisa) sedici medaglioni che raffigurano santi dell'Ordine certosino. Alla chiusura di Calci i medaglioni vennero portati a Serra, dove sono attualmente conservati nelle sale del Museo della Certosa. Giovanni Scrivo intrattenne rapporti di collaborazione anche con la Certosa calabrese, per la quale eseguì le due statue di San Bruno e del Beato Lanuino collocate sull'altare della chiesa conventuale.
Niccolò Albergati, beato (1375-1443). Nato a Bologna e divenuto certosino nel 1394, contro la sua volontà nel 1418 fu nominato vescovo della sua città natale; nel 1426 fu creato cardinale; ebbe incarichi diplomatici particolari e un ruolo importante nei concili di Basilea e di Ferrara-Firenze; fu un mecenate dei dotti e dei letterati e uno studioso. E' rappresentato accanto a una biblioteca con sul tavolo il cappello cardinalizio ed un libro in mano. Il suo culto fu confermato nel 1744 e si ricorda il 9 maggio. | ||
S. Antelmo Antelmo di Chignin, santo, /1105-1178). Nobile savoiardo, ordinato sacerdote da giovane, visitò per caso la certosa di Portes e vi rimase come monaco. Nel 1109 fu priore della Gran Certosa, ed è grazie ai suoi sforzi che i certosini, che allora erano più o meno un ramo del monachesimo benedettino si trasformarono definitivamente in un nuovo ordine. Per obbedire al Santo Padre nel 1163 accettò il vescovato di Belley. Si guadagnò tanto l'affetto del popolo che la città dopo la sua morte fu chiamata per un certo tempo Antelmopoli. L'artista perciò lo ha effigiato nell'atto di accogliere gente di ogni età, aiutandola moralmente e materialmente nei suoi bisogni; sullo sfondo la sua certosa, di cui ebbe sempre nostalgia e che andava spesso a visitare. Si ricorda il 26 giugno. | ||
S. Artoldo Artoldo, beato (1101-1206). Servì alla corte di Amedeo III di Savoia, nel 1120 si fece certosino; nel 1140 fondò la certosa di Arvières-en-Valromey. Ottuagenario fu nominato vescovo di Belley, ma rinunciò alla carica dopo due anni; per meditare e studiare tornò a Valromey, nella sua certosa, di cui aveva nostalgia, dove morì. Ha infatti, la mitra posta sullo scrittoio, dietro al libro, con sullo sfondo il convento sognato. Il suo culto fu approvato nel 1834 e si ricorda il 7 ottobre. | ||
S. Airaldo Airaldo, santo. Fu priore di Portes, nella diocesi di Belley e dal 1132 al 1156, anno della sua morte, vescovo di Sain-Jean-de-Maurienne in Savoia. Sempre in studio e meditazione, specie sulla passione di Gesù, è rappresentato con il libro in mano, simbolo di saggezza, dinnanzi al crocefisso. Si ricorda il 2 gennaio. | ||
Beatrice d'Ornacieu, beata. Monaca della Certosa di Parmènie, fu una delle fondatrici del convento di Esmue. Morì il 25 novembre 1309. Per molti anni ebbe notevoli esperienze mistiche e subì anche persecuzioni diaboliche in danno del suo corpo e pertanto è effigiata con un chiodo in mano. Il suo culto fu confermato nel 1856. Si ricorda il 13 febbraio. | ||
Bonifacio di Savoia, beato. Membro della casa ducale dei Savoia, divenne priore e poi vescovo di Valenza ed infine arcivescovo di Canterbury nel 1241. Ebbe fama di santo. Morì in Savoia nel 1270 e fu sepolto ad Hautecombe. Il suo culto è stato confermato nel 1830. Si ricorda il 13 marzo. L'artista lo ritrae nell'atto che riceve la mitra dall'angelo per dimostrare che la sua nomina a vescovo fu voluta dallo Spirito Santo per i suoi meriti. | ||
Dionigi di Rijkel, beato (1404-1471). Nato a Rijkel nelle Fiandre, laureatosi a vent'anni all'Università di Colonia, nel 1423 entrò nell'Ordine Certosino. Era un eccellente scrittore di mistica e per questo gli è stato conferito il titolo di Doctor Estaticus. Durante i suoi studi veniva spesso tentato dal demonio, al quale mentre scriveva impose di reggergli il calamaio in nome di Gesù. Viene commemorato dalla liturgia come beato il 12 marzo. | ||
Giovanni di Spagna, beato (1123-1160). Nato ad Almanza, da ragazzo studiò ad Arles, in Francia; si fece certosino a Montrieu; passato nella Gran Certosa, fu accanto a Sant'Antelmo; fondò e governò come primo priore la certosa di Reposoir, in Svizzera. Fu il primo a redigere costituzioni per comunità di monache certosine; infatti è ritratto nell' atto di scrivere, con sullo sfondo in tenue rilievo un gruppo di suore. Il suo culto fu confermato nel 1864 e si ricorda il 25 giugno. | ||
Guglielmo di Fenoglio, beato, fratello laico della Certosa di Casularum in Lombardia. Morì intorno al 1205. Il suo culto fu confermato nel 1860. Si ricorda il 19 dicembre. Fu considerato un taumaturgo e qui è ritratto mentre riattacca miracolosamente una zampa all'asino. | ||
Lanuino, beato, discepolo e compagno di San Bruno, lo seguì in Calabria, dove gli successe come priore della certosa che il Santo aveva fondato in località La Torre, oggi Santa Maria del Bosco, nella diocesi di Squillace, oggi nel comune di Serra San Bruno. Fu nominato visitatore apostolico di tutte le case monastiche della Calabria. Apparteneva alla nobiltà normanna. Era architetto e progettò la certosa di Santo Stefano ed altri edifici dell'Ordine. Lo scultore perciò lo ritrasse con un disegno in mano e sul fondo la località di Santa Maria, primo sito certosino, da un lato, e la Certosa di Santo Stefano, dall'altro. Si festeggia il 14 aprile. | ||
Martiri inglesi I diciotto certosini che, fra gli altri religiosi e fedeli, non si uniformarono e si opposero all'atto di secessione e di supremazia di Enrico VIII 'Inghilterra nel 1534. Subirono supplizi e l'estremo sacrificio. Sono presentati nella gloria della loro santità, sovrastati da cori angelici, che offrono la corona, simbolo di gloria e di vita eterna, e la palma, emblema di vittoria e di trionfo, nell'arte cristiana, attributo dei martiri. Sono menzionati nominativamente tra gli altri: Agostino Webster, priore della Certosa di Axhome: fu arrestato a Londra e giustiziato a Tyburn nel 1535. Giovanni Houghton, priore della certosa di Londra: fu il primo ad opporsi all'atto di secessione e di supremazia dando ai suoi monaci e all'intera Inghilterra un magnifico esempio di fedeltà alla fede cattolica. Fu giustiziato a Tyburn nel 1535. Roberto Lawrence, priore della certosa di Beauvale nel Nottinghamshire: fu giustiziato a Tyburn nel 1535. Fanno parte dei Quaranta Martiri dell'Inghilterra e del Galles canonizzati il 25 ottobre 1970 e si festeggiano il 4 maggio. | ||
Oddone da Novara, beato, vissuto tra il 1105 ed il 1200, fu eletto priore della Certosa di Geyrach in Slavonia; rinunciò alla carica e divenne cappellano in un convento di suore di cl Si ricordaausura a Tagliacozzo. Ha accanto il giglio, segno di purezza e tiene in mano una candela accesa, luce e fuoco di fede, che sostenne nei fedeli, che lo guardano estasiati, e nelle suore, che lo ammirano dietro le grate. Il suo culto fu confermato nel 1859. Si ricorda il 14 gennaio. | ||
Roselina di Villeneuve, santa. Di nobile famiglia, si fece monaca certosina e divenne priora del convento di Celle Roubaud in Provenza. Dio le concesse frequenti visioni ed altri fenomeni mistici. Morì nel 1329. E' ritratta in meditazione, mentre l'angelo le offre un serto di rose, attributo delle vergini e simbolo di amore divino. Il suo culto fu confermato nel 1851 e si ricorda il 17 gennaio. | ||
Stefano di Chatillon, santo. Nato a Lione dalla nobile famiglia dei Chatillons, entrò nella certosa di Portes, di cui nel 1196 divenne priore; nel 1203 fu eletto vescovo di Diè. Era un asceta e durante le sue ardenti preghiere veniva assistito da un angelo. Morì nel 1208. Il suo culto è stato approvato nel 1907. Si ricorda il 7 settembre. | ||
Ugo di Lincoln, santo (1140-1200). Nato in Borgogna, a vent'anni era già canonico generale; si fece certosino e nel 1175 fu inviato da Re Federico II a fondare la prima certosa inglese a Witham nel Somerset. Nel 1181 fu eletto vescovo e durante il suo episcopato sono stati iniziati i lavori dell'attuale cattedrale. Fu amico e difensore degli ebrei. Fu tale la stima che riscosse che durante il suo solenne funerale i Re d'Inghilterra e di Scozia aiutarono a portare il suo feretro. Fu canonizzato nel 1220 e si ricorda il 17 novembre. Nell'arte è raffigurato con accanto un cigno bianco, simbolo di purezza e d'intelligenza. Per la sua fede nell'eucarestia, durante la consacrazione egli vedeva Gesù Bambino. | ||
San Bruno è rappresentato circonfuso di luce nella gloria della sua santità, elevato nell'alto dei cieli, sorretto da nubi e da cori angelici, che lo circondano. Alla sommità sette stelle, quanti erano i monaci che costituivano la prima comunità al tempo della fondazione della certosa di Serra. |
Il Museo della Certosa, anche per l’anno scolastico 2022-2023, offre un’articolata proposta alle scuole, per aiutare bambini e ragazzi a conoscere ed approfondire la storia della Certosa di Serra San Bruno ed il senso e le caratteristiche della storia e dell’esperienza monastica.
La proposta si articola in tre diversi livelli di approfondimento:
• la visita
• la visita guidata
• i laboratori didattici.
La visita (max 50 persone per volta, durata circa 40 minuti)
Si tratta di fornire un’occasione formativa ai ragazzi attraverso il percorso museale (pannelli descrittivi e multimediali) con l’aiuto dei docenti. Il personale del museo si occupa di fare una breve introduzione (10-15 min. circa) all’inizio del percorso e poi i visitatori proseguono in modo autonomo nella visita. Su richiesta possono essere fornite indicazioni bibliografiche o letture per la preparazione in classe.
Costo: € 2,00 a studente + 1 accompagnatore gratuito ogni 15 studenti
La visita guidata (max 30 persone per volta, durata circa 50 minuti)
Il servizio prevede che un operatore del museo accompagni gli studenti per tutto il percorso. Su richiesta dei docenti la visita può soffermarsi in modo particolare su determinati aspetti della vita in Certosa o della storia monastica e calabrese.
Costo € 3,00 a studente + 1 accompagnatore gratuito ogni 15 studenti
I laboratori didattici (max 25 studenti per volta, durata circa 150 minuti)
Si tratta di percorsi di apprendimento attivo sviluppati dopo un’esplorazione del museo propedeutica alle attività ludico-didattiche del laboratorio. Queste prevedono l’utilizzo di schede, di giochi, di riproduzioni di oggetti ed altri strumento che permettono una rielaborazione personale e creativa delle conoscenze via via acquisite.
Costo € 5,00 a studente
Cosimo Fanzago e la Certosa dei Santi Stefano e Bruno Al nome di Cosimo Fanzago è legata una parte significativa della storia artistica della Certosa di Serra San Bruno. L'artista bergamasco ha, infatti, progettato il grande ciborio della chiesa conventuale dei certosini calabresi. Tale ciborio, con le figure bronzee che lo adornavano, dopo il terremoto del 1783 è stato asportato dalla Certosa e ricollocato nella chiesa serrese dell'Arciconfraternita di Maria SS. dei Sette Dolori. Le statuine del ciborio fanzaghiano sono state conservate in parte a Serra e in parte a Vibo Valentia nel Museo di San Leoluca. La mostra ha voluto ricostruire questa importante vicenda artistica. |
Reliquie e culto dei santi nella Certosa di Serra San Bruno L'ostensione delle reliquie della Certosa ha costituito il momento più significativo di una iniziativa che ha visto la collaborazione del Museo con il Centro Antropologia e Letterature del Mediterraneo dell'UNICAL. Un'ostensione di reliquie è qualcosa di molto particolare, poiché in quanto segni e memorie della presenza dei santi, non è possibile ricondurle soltanto ad una dimensione storica, antropologica o giuridica. Ad essere chiamati in causa sono soprattutto la dimensione religiosa dell'uomo e le sue personali relazioni col sacro. |
Immagini di un Santo. Bruno di Colonia tra l'Europa e la Calabria Nel nono centenario della morte di San Bruno il Museo della Certosa e il Comitato Nazionale per la valorizzazione della presenza normanna in provincia di Vibo Valentia hanno allestito una mostra iconografica nella quale, per la prima volta, è stata presentata l'iconografia del santo, con particolare attenzione alle rappresentazioni figurative calabresi. Le immagini di San Bruno hanno "restituito" un riflesso significativo della sua vita e il santo è apparso - in perfetta concordanza con le memorie storiche che lo riguardano - come il modello ideale per tutti coloro che hanno scelto di seguire il suo stesso cammino. |
Dagli amanuensi ai digitanti: 1. la Bibbia L'ostensione delle reliquie della Certosa ha costituito il momento più significativo di una iniziativa che ha visto la collaborazione del Museo con il Centro Antropologia e Letterature del Mediterraneo dell'UNICAL. Un'ostensione di reliquie è qualcosa di molto particolare, poiché in quanto segni e memorie della presenza dei santi, non è possibile ricondurle soltanto ad una dimensione storica, antropologica o giuridica. Ad essere chiamati in causa sono soprattutto la dimensione religiosa dell'uomo e le sue personali relazioni col sacro. |
Dagli amanuensi ai digitanti: 2. i commentari alla Bibbia La seconda parte dell’esposizione tenuta in occasione dell’edizione 2012. Lo scorso anno sono state esposte numerose edizioni della Bibbia che hanno tracciato un percorso che ha visto il Libro Sacro come fenomeno bibliografico e codicologico. In questa esposizione viene messo in evidenza il frutto della lettura del testo sacro. Infatti, la meditazione e la lettura della Bibbia hanno portato, come fenomeno bibliografico, alla produzione di una impressionante quantità di commenti e interpretazioni della parola sacra. |
Notte europea dei Musei 2012 |
Notte europea dei Musei 2013 |
Notte europea dei Musei 2014 |
Presentarsi in biglietteria muniti di documentazione